Giulia, 40 anni,  si è presentata al nostro Punto di Ascolto  un pomeriggio di settembre. Si presentava bene, era più che ordinata, era curata e distinta. Indossava un completo blu con una camicetta bianca, portava degli orecchini ed il rossetto. Scoprimmo in seguito che i suoi abiti erano donati da entità caritative, ben scelti e accuratamente tenuti.

I grandi occhi sembravano spauriti e le mani erano nervose. Ci rovesciò letteralmente addosso una valanga di problemi senza soluzione e, già quel pomeriggio, riuscimmo a ricostruire per sommi capi la sua difficile storia.

Circa tre anni prima, mentre sua madre, che lei assisteva, si aggravava, era scoppiata una sorta di lite permanente con i  suoi fratelli (la causa del contendere era la loro volontà di impadronirsi della casa popolare ad affitto minimo, dove vivevano tutti, escludendo la sorella, prima che la madre morisse). Le liti erano così violente che le due donne si videro costrette a lasciare l’abitazione, consigliate anche dai servizi sociali.

Dopo poco tempo la madre morì e Giulia restò sola, senza l’aiuto della pensione della madre, senza un tetto, senza un lavoro, senza niente.

In tutti quegli anni non era mai riuscita a trovare nessun tipo di lavoro. Aveva fatto qualche breve corso di formazione nella grande distribuzione, alcuni seguiti da un breve tirocinio, non retribuito. Poi il nulla.

Aveva trovato un piccolo appartamento, ad un prezzo esoso, e per di più il padrone di casa non le aveva mai fatto un contratto regolare. Così i servizi sociali, in mancanza del contratto, non poterono attribuirle il contributo previsto per concorrere all’affitto e le attribuirono il contributo di soli 150 Euro mensili, previsto per gli altri casi per una persona sola. Il contributo non copriva nemmeno la metà dell’affitto.

Così era cominciata la sua morosità cronica e irrimediabile nei confronti del proprietario della casa con minacce di sfratto e quant’altro. Viveva dei viveri che una Conferenza Vincenziana le procurava ed era perennemente in lotta per riuscire a farsi aiutare a pagare le bollette e qualche bombola. A questi aiuti aveva sopperito spesso il Centro di Ascolto che l’aveva indirizzata a noi. Per il resto non disponeva di soldi nemmeno per un biglietto dell’autobus.

Era un fiume di disperazione in piena. Non riuscivamo a fermarla nemmeno per farle prendere fiato, per esaminare un problema alla volta, tentando di trovare qualche soluzione. Era arrabbiata con il mondo intero. Non credeva più che ci fosse qualcosa che si potesse fare per i suoi problemi.

L’abbiamo ascoltata, a lungo, tante e tante volte,  cercando, a fatica, di interloquire con lei.

Quando cercammo di aiutarla, fotocopiando il suo curriculum e approntando un indirizzario di imprese di pulizia, fornendola di biglietti multipli dell’autobus perché potesse presentarli di persona (lei che si presentava così bene), lo fece solo in minima parte. Era così sfiduciata e depressa che non riusciva nemmeno a provarci.

Ci disse che era una vita che presentava o inviava curriculum e nessuno mai l’aveva chiamata.

La aiutammo con qualche bolletta. In quei mesi, la situazione della casa si era fatta pesante, con ingiunzione di sfratto e ricorso al Sindacato inquilini. E con disperazione e rabbia crescenti; non ascoltava più nessuno, inveiva contro tutti, il pensiero di essere buttata fuori di casa le stava facendo perdere la testa.

Non riuscivamo nemmeno a darle il nostro conforto, non ci ascoltava più.

Fino a quando…

Questo è uno di quei casi in cui la Provvidenza ha fatto ciò che nessuno riusciva a fare. Trovarle un lavoro.

Una di noi seppe che una famiglia sua amica cercava una persona d’aiuto perché in quella casa c’era il capo famiglia ormai disabile.

La famiglia, una buona famiglia cristiana, l’adottò subito, l’assunse regolarmente e l’aiutò in vari modi. Lei, dal canto suo, si rivelò una lavoratrice attenta, instancabile e premurosa. Lei ed i suoi datori di lavoro cominciarono subito a volersi bene.

Giulia aveva finalmente trovato un posto nel mondo dove, fino a quel momento, un posto per lei non c’era.

Ora Giulia è un’altra persona, ha la sua casa, amministra le sue non laute entrate, è fiduciosa, è calma e sorride.

Sorride alla vita e, crediamo, anche a quel Dio nel quale fin dal principio aveva dichiarato di credere, nonostante tutto.